I recently got a rather irate email from Joe Morris complaining that only one of his many albums has so far been reviewed on this site (see the Letters section for more grief). Well, sorry Joe, but I do have quite a few and love them all, if that’s any consolation (I’m sure it isn’t). If Francisco López wanted to he could bitch just as much
Review
Francisco Lopez/Andrey Kiritchenko – Mavje
Txt: Simone Bertuzzi
“Contrariamente alla tendenza attuale della sound art e agli standard delle registrazioni naturali, credo nella possibilità di un profondo, puro, ‘cieco’ ascolto dei suoni, liberato (il più possibile) da intenzionali livelli di referenza procedurale o contestuale. Ciò che è più importante, concepisco questo come una forma ideale di ascolto che non rifiuta tutto ciò che è esterno al suono ma esplora e asserisce ciò che è al suo interno. Questa pura e assoluta concezione è un tentativo di lotta nei confronti della dissipazione del mondo interno.”
Probabilmente queste parole di Francisco Lopez, tratte dall’introduzione alle lunghissime note all’interno di La Selva (V2_archief 1998), un disco tra i più rappresentativi e didattici della sua produzione, racchiudono in maniera esemplare la poetica e l’atteggiamento di uno dei più influenti musicisti contemporanei in area sperimentale. Lopez è prima di tutto un teorico, numerosi sono i suoi saggi che delineano la proprie concezioni in ambito musicale, dei veri e propri manifesti in cui vengono esposti senza mezzi termini regole e dogmi ben precisi. Dalle parole sopracitate si enunciano alcuni concetti basilari, quali l’ascolto “cieco”, ovvero un tentativo di limitare il più possibile eventuali elementi visuali per raggiungere un ascolto puro (concetto spesso tradotto in termini pratici, da una benda nera che Lopez include in parecchie edizioni discografiche e invita ad indossare durante le sue performance live) e la liberazione del suono da ‘intenzionali livelli di referenza procedurale’, ovvero l’interpretazione del suono come oggetto, portando alle estreme conseguenze il concetto di concrete music introdotto da Pierre Schaefer alla fine degli anni 40, che vedeva la decontestualizzazione di un suono dalla sua sorgente iniziale e il conseguente trattamento di esso come materia sonora.
Ogni lavoro di Francisco Lopez deriva da field recordings; la sua ultima produzione, Mavje, è una collaborazione con Andrey Kiritchenko (si veda Digimag05 per un approfondimento su questo autore) ed esce per la sua Nexsound, il processo di costruzione del lavoro deriva dalla rielaborazione da parte di Lopez di sorgenti catturate da Kiritchenko nel proprio ambiente domestico: ne deriva un brano di oltre cinquanta minuti che alterna spazi ultradilatati a scoppiettanti declinazioni glitch confluendo in silenzi impalpabili e stratificazioni rapide, restituendo all’uscita uno spettro musicale ben definito ed inaspettato. La cosa lampante è quanto la collaborazione sia effettivamente riuscita; ciò è chiaro sin dal packaging, privo di elementi visuali, ma racchiuso in cartone grezzo e marrone come le altre uscite Nexsound. L’intervento dei due autori è bilanciato e equamente presente.
Ciò che segue è una breve intervista che ho rivolto a Francisco Lopez, non vuole essere esauriente e completa sulla sua visione, ma cerca di sottolinearne determinati aspetti.
Simone Bertuzzi: Toglimi una curiosità, quali sono i tuoi ascolti abituali in questo periodo?
Francisco Lopez: Ascolto materiale molto diverso, dalla bossa nova al grindcore, dalle registrazioni naturali alle soundtrack sci-fi, dall’industrial storico al ‘lowercase’, e tutto ciò che sta fra di essi. Per esempio, ultimamente, ho ascoltato parecchie registrazioni di Fred Astaire, alcune delle quali sono tutt’ora piuttosto interessanti. Inoltre, l’ultima registrazione live di Matt Shoemaker, qualcosa di Alexei Borisov, Louis Dufour, Artifical Memory Trace (sempre sorprendente), registrazioni di rane sud-africane